L’ORSA E IL CERVO

brano tratto dal libro LE DEE VIVENTI di Marjia Gimbutas

L’orsa e il cervo appaiono in modo significativo accanto alla dea del parto che assumeva spesso simili forme nel suo presiedere alla nascita e alla cura dei piccoli. Gli antichi Greci consideravano questi due animali l’incarnazione di Artemide, e anche altre leggende popolari europee dalle profonde radici preistoriche connettono l’orso, il cervo e la dea del parto. 

Lampada a forma di orso. Cultura Danilo,
fine del sesto millennio a. C. (Smilčich,
presso Zadar, costa adriatica, Croazia).

La storia dell’orsa come nutrice cosmica si può far risalire fino al paleolitico superiore, quando si incominciò ad osservarne le abitudini annuali di letargo e di risveglio. L’orsa era il simbolo perfetto della morte o della rigenerazione: quando andava in letargo, entrava metaforicamente nel dominio della morte, cosi quando usciva dalla caverna, era metaforicamente rinata. Ovviamente anche altri animali ibernano, ma l’orsa evocava un simbolismo particolarmente potente. Essa non solo emergeva viva dalla caverna, ma portava pure con sé una nuova vita: il cucciolo nato e cresciuto durante l’inverno, quando si presumeva che l’orsa fosse caduta in un sonno simile alla morte. Di conseguenza l’orsa, in questa significativa successione di nascita, morte e rinascita, fini per essere collegata con la dea che presiede le nascite. I numerosi motivi estetici che richiamano l’orso usati nella creazione di lampade, vasi, statuette e contenitori per le offerte di squisita fattura, rivelano l’importanza rituale della dea-orso. Le lampade a forma di orso sono caratteristiche del sesto millennio a.C., e sono stati trovati anche vasi con manico ad anello che si poggiano su zampe d’orso, evidentemente usati per le offerte o per l’acqua sacra. Di nuovo, la similitudine con l’orsa, a conferma del suo ruolo mistico e materno, caratterizzava spesso le rappresentazioni della madre col bambino.

Anche il cervo o l’alce era sacro alla dea del parto. La tradizione simbolica del cervo eguaglia quella dell’orso, estendendosi fino al paleolitico superiore. (Gli archeologi trovarono resti di cervo risalenti a circa il 14.000 a. C. disposti in fosse rituali presso le grotte di El Juyo e di Tito Bustillo in Spagna.) La vita che si rinnova nei palchi del cervo assumeva un grande potere simbolico, a partire dal fatto che si riproponeva puntualmente nella stagione primaverile.

Gli archeologi hanno spesso trovato palchi, scapole e denti di cervo nelle sepolture del neolitico. Ci sono deliziosi vasi, risalenti al neolitico, che hanno forma di cervo o cervi riprodotti in rilievo. Durante il neolitico, questi vasi erano senza dubbio utilizzati a scopi rituali. I dipinti preistorici e proto-storici, i mosaici e le decorazioni identificavano il cervo con le fonti, i torrenti e l’acqua della vita. A tutt’oggi, nelle mitologie dell’Asia e dell’Europa settentrionali, la cerva gravida è una mistica elargitrice di vita.

Marija Gimbutas (Vilnius, 23 gennaio 1921 – Los Angeles, 2 febbraio 1994) è stata un’archeologa e linguista lituana naturalizzata statunitense. 

Autrice di oltre 20 opere e 200 pubblicazioni su argomenti che spaziano dalla mitologia dell’Antica Europa alla religione della Grande Dea e alle origini delle culture indoeuropee. 

A lei si deve l’ipotesi delle “steppe“ (il popolo “Kurgan“ che avrebbe soppiantato la millenaria cultura matrifocale dell’Europa Antica) e la catalogazione e decifrazione di migliaia di statuette e immagini della “Dea“. Fra le sue opere più importanti si ricorda Il linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea Madre nell’Europa Neolitica.

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